Uno sguardo pervade i contorni della cameriera, aspettando l’ispirazione del poeta sul collo della bottiglia di Beck’s sporca di sabbia. Aspettando che i messaggi nel telefono si archivino da soli scendendo giù nella lista grazie a i nuovi, che le zanzare fendano l’umidità del Poetto, la spiaggia più lunga della Sardegna. Otto chilometri di addii dati con le caviglie bagnate e di “vieni con me” sotto l’ombrellone a strisce del Carrefour. Aspettando di essere sopravvalutati, aspettando di sapere se rivedremo i nostri anni preferiti in qualche gesto, un flash, qualcosa che illumini il buio di dettagli del presente, se tireremo fuori le fotografie dalle nostre cartelle sul computer.
Lei ha un vestito di cotone bianco gualcito con delle estremità che starebbero a decorare un’inumana bellezza ed io cerco di espiare i miei drammi, come fossero colpe, guardando altrove. Altrove lontano fin al cassetto di casa che è l’unico posto che ancora ospita tracce di te. Per consolarmi ricordo che non è il caso di riesumazioni senza un coroner di fiducia, né di portare vicino alla pelle cose che hanno un valore surgelato, immobile e costante nel tempo, e che il finale non lo vuole nessuno, nemmeno nel prosciutto. Quindi.
Io non voglio dare un titolo alle cose, dare voti alle foto, controllare gli scontrini alla fine. Non voglio leggerti le mie controindicazioni come se fossero i tuoi diritti, prometterti viaggi lontani, non voglio far freddare la tua schiena bianca e nemmeno perdere le tracce del tuo profumo sulle cose. Resti quanto un soffio nella galleria del vento. Un soffione che si prende le ferie. Ma come siamo belli, per un soffio. Anche senza ali, senza le patenti per le ali e le traiettorie studiate per arrivare ai sogni.
Oggi ne compio trentuno di anni e hai ancora il coraggio di dire “ma è plastica buona”. Di lasciare i piatti nel lavello per tre giorni e sbavare puntualmente il rossetto. Stiamo qui a prendere in giro vecchi sogni, a cercare gli interruttori che si spostano, o siamo noi che ci spostiamo. Siamo noi che spostiamo il lungo tempo sui piatti della bilancia, noi che centelliniamo, tranne quando siamo in vacanza.
Ti piace la tinta? mi dici. Ti piace quello che sei? Ti vedo triste. Sei il mio scrittore preferito. La fila falla tu. Ma che musica ascolti?
E cose così. Per spostare gli interruttori e ritrovarci quasi uguali ma in dove intellettuali diversi. Ci usiamo come le batterie del telecomando, fin all’ultimo. E come butti fuori le persone dalla tua vita tu nessuno. Come ti aiuto io nessuno. Siamo pezzi separati di un pensiero che non dici perché è un’ossessione. Tu, il mio più sfacciato dei sogni, quanto un soffio. Altro che specchi, amore, senza più tassi alcolemici confermati noi non ci riconosciamo più. Senza il coraggio di guardarci le foto delle patenti. Durante queste assenze mi capita di squadrare giovani cameriere e cassiere, quelle imbranate che si tirano su spesso gli occhiali o che sbagliano il resto. Canticchio All you need is love dei Beatles.
Sei un bambino, dici. E tu un asilo nido. E tu sei un’incubatrice, ribatto. Di belle speranze. Basta ricordare quando tutto era più semplice e bastava dire “vieni a non fare un tubo con me”, io con la gazzetta sotto braccio e tu con i trucchi nascosti nella borsetta graffiata. Basta ricordare quando ti scusavi” non posso uscire, ho ospiti a cena” solo perché mangiavi per due. Tu che non è vero. E che hai i filippini che ti aprono le porte e separano il coperchio dal barattolo dello yogurt, che eri bruttina ma eri per me, piccolo genio del male capace di sorridere ai sassi e far piangere gli stupidi. Basta ricordare quando il tuo soffio addosso era tutto quello che aspettavo alla fine del lavoro, quando noi eravamo la nostra opinione e quello che avremmo voluto imparare anche con le ripetizioni. Quando eri la mia doccia.
Resti quanto un soffio sulla lasagna che brucia. Resti come un allegato archiviato. E sono trentuno, anni, per un soffio. Più vivo che mai. Innamorato, sempre, senza destinatario. Trabocco, a volte. Ricordo cose belle che non mi mancano. Trentuno e me li conto in una mano. Tu sei lì, ed io qua a vedere come va. In una specie di soffio di nessuno, dove le parole non valgono e le regole si valicano, gli specchi non contano e i sorrisi ti crescono. Sentiti tua. Abbracciami, a quando, i pensieri. Sulla strada per trovare cose da desiderare, perdere, inventare, maledire, dimenticare. Guarda come resteremo belli in questi nostri anni intoccabili. La giovinezza feroce. Un po´sinonimi, un po´gemelli, un po´cozza e scoglio, da dirne delle belle e da far notevolmente paura al cuore, per un soffio.