Parcheggia col motore al minimo, c’è uno spazio da cui osservare la banalità, qualcuno ha disegnato delle strisce blu per noi, per stare, per pagare. Se ti fidi puoi girare la chiave e spegnere l’auto, voltare le spalle alla banalità nascosta dalla notte. Guardare me o semplicemente stare. Guarda, ti ho disegnato delle strisce bianche per noi, per stare senza disco orario. Se ti fidi puoi anche andare al massimo.
E poi c’è domani
ancora
per bastarti
forse
ma è sempre “fino a quanto”?
Richiama domani
sarò più fortunato
forse
ancora
per bastarti.
Ma prima c’è oggi
ancora
e si chiama stavolta.
Non ho visto i lampeggianti dietro quel viso stanco, sono rimasto indietro di qualche risposta e tu sei comunque troppo veloce ad andare avanti. Ma la vita è poesia, noi siamo una rima di certo non baciata di un verso. Occupi destinazioni che sono state mie partenze, i tuoi capelli per casa, le lenzuola le abbiamo consumate un infarto di felicità alla volta. E poi, tutte le cose che avrei voluto buttare e invece non l’ho fatto perché a te son piaciute, di me, e adesso non lo farei mai, i sorrisi rimasti sul profumo della pelle.
Ho saltato i tuoi caffè obbligatori, ho saltato qualche tipo di dieta, qualche legittimo “vieni al punto”. Ti ho osservata appoggiarti al passato come a un tavolo con una gamba più corta, ora hai cambiato tavolo, sei al presente. Sopra resta tutto dritto a una velocità folle. Non hai visto le sirene spaccare i mutismi dentro i miei respiri, gli occhi saltare tutte le normalità e i non-appuntamenti con noi, non hai visto le mie mani e le loro autostrade iniziate sulla tua schiena. A una velocità folle in una domenica di quelle con l’obbligo di non far niente. Stare dall’altra parte, dalla tua parte e dalla stessa parte.
Pensavi a domani a dire il vero, mi aspettavo solo domani a dire il vero. Ma prima c’è oggi. E si chiama stavolta.