Era tardi, troppo tardi per ogni altra cosa. Ballava attorno a me un pensiero, sul marciapiede. Sapevi di esser tu. Nel traffico vedevo tutti con qualcuno, illusione prospettica. Ottima. Pensavo, giusto aver la mia. Eri d’accordo. Tra uno straordinario e l’atro tornavi a trovarmi, a ballare con sorriso generoso e décolleté prospetticamente ottimo. Che belli gli appuntamenti non dati, quelli fatti capitare. Una firma veloce sull’obbligo di presenza. Era tardi, sì, ed io sfacciatamente romantico. Ma solo perché aspettavo, come i veri sognatori, senza il minimo dubbio.
Così la proposta, quelle che si fanno quando è tardi anche se non pare. Vieni su a vedere la mia collezione di “potrei” e poi per favore, spegni anche la luce che avrei voluto avere, tu sai come fare, tu sai coprire di asfalto e attenzioni. Cambiare la posizione del bottone delle attese. Attendiamo che la magia perda pezzi all’interno della nostra orbita gravitazionale. È da un po’ che parli delle solite cose, non faccio fatica a seguirti anche se, in realtà, quel che faccio è liberarmi di ogni singolo “potrei”. Nato qua al secondo piano, morto sempre qua. Un desiderio nascosto male: essere il tasto bianco di un pianoforte, invidiare la sua identità forte. Inequivocabile. La facilità con cui può ripetere un minuscolo pezzo di magia, farne parte. Come lui mi lascerei sfiorare. Non per caso, per amore di qualcosa di più grande. Sempre in attesa. Un “potrei” da suonare. La fine è solo una corda che smette di vibrare o un cuore. Una firma distratta sull’obbligo di assenza.
Mentre dici che ci vuole sempre pazienza e costanza una moto sfreccia a tutto gas sotto la finestra e non si sente la fine della frase. Una cosa par chiara: chi guida quella moto, a zig zag tra le auto sull’asfalto umido, non la pensa come te. Vorrà smentirti in tempo reale. Il tuo discorso frena il mio impeto, che vorrebbe solo un silenzio su misura, lo affloscia. La televisione appiattisce ogni imperfezione che non si vuol vedere, la notte ci abbraccia. L’amore è sospeso. Tornare noi, un mezzo tempo dentro al tempo, sarà domani.
Il sogno ero io, la fermezza del rispetto per una parola che quasi puoi toccare. Dilla. Sapevi di esser tu. Il mio sguardo si sa posare come una farfalla che può scegliere dove morire ma non lo fa. Ci vediamo alla fine del tunnel, sarà bello esserci aspettati. Alla fine delle pretese e degli abbandoni. Avremo una nuova proposta di sogno, quelle che si fanno di giorno. Una pace o una tregua.
Più son grandi i sogni e più è difficile mandarli giù. Scendono sì, senza tornare dove sono partiti, stanno lì a metà strada a complicare il respiro. Così non ci basta più essere operai, geni, scrittori. Vorremmo poter respirare davvero, respirare tutto d’un fiato, dall’inizio alla fine. E senza paura.
Una pace o una tregua.
Una risposta
Tra i miei preferiti. Non so quante volte lho ascoltato! Semplice ma ricco di immagini suggestive, generatore di emozioni, capace di stuzzicare pensieri silenti.
“Sali a vedere la mia collezione di potrei”…