Sento freddo, nel vuoto e nel pieno. Io lo vedo come si muove questa città, restando ferma. Tutte quelle persone che cambiano tante posizioni e pochi tragitti. Oscillo anche io, avanti e indietro, un movimento controllato in uno spazio ristretto. Sono così i movimenti che ci restano, che ci lasciano fare. Controllati. Sento freddo intuendo l’allerta meteo diramata dalle parole di questa nuda conversazione. Mi diresti la via per recapitarti il “non posso capirti ma resto qui”? Fai pure spedire in Via di Estinzione, senza numero civico, dici mentre me lo appunto. Il gatto muove la coda, nessuno batte ciglio.
La storia fa acqua da tutte le parti, si annacqua, ci sommerge. Vedi, si potrebbe raccontare meglio ma difettiamo di creatività. Per raccontarci di nuovo con un finale sempre diverso. Persino scontato ma inventato da noi. La storia ci costringe al boccaglio. Istintivamente percepiamo stimoli e per paura di seguire il loro stesso destino li nascondiamo.
Un velo, un maglione, un silenzio.
La storia è un testa o croce senza passione.
Spiagge soleggiate si impigliano tra i denti dei sorrisi estivi, fiumi di fango esondati si infilano in tutte le crepe della nostra vita invernale. Senti freddo, nella stagione sbagliata e nel sogno sbagliato. Raccontando la storia normale che ci riguarda la tua bocca crea nuvolette di vapore. È stato di calamità naturale. Per scrivere qualche riga della complicata storia normale che ci riguarda devo necessariamente capire qualcosa. Riempire di qualcosa un cassetto che mi appartiene, quel genere di cassetto che contiene sogni e cose simili. Dopo averlo prima svuotato.
Ma lo senti anche tu? Cinque righe di freddo e a capo.
Mentre cambi marcia tornando dove non vuoi, mentre ti sdrai su una pelle estranea, al settimo squillo che suona libero e decidi che non richiamerai più, lo senti anche tu, tra un ti amo di cuore e un vaffanculo detto di cuore, il freddo degli stipendi bassi e il freddo delle viste panoramiche sulla plastica, il freddo della morte che colpisce la nostra cerchia, il rione, i pinguini dell’Antartide e per il momento ci ha mancato. Non farmi sentire folle, dimmi che lo senti. Tra un ci vediamo e un te lo prometto, il freddo in prima e in ultima fila, il freddo lasciato dentro da quelli che voltano le spalle sempre per primi. Il freddo del settimo cielo.
Dimmi che non sono l’unico a cercare un angolo caldo, anche se non si può vivere all’angolo. Che anche tu ti muovi lenta perché non sai tutta la strada, sei piena di puntini puntini già dalla colazione e i ragionamenti hanno più domande che soluzioni. Ti dirò che anche io mi interrogo su che tipo di freddo farà nelle prossime ore, che smetto ogni giorno di avere paura. In quel piccolo angolo di caldo trovato prima o poi si frigge e si rimpiange il freddo.
Niente. È così o più o meno simile a così. Il cuore pompa forte unicamente quando la monetina è per aria. Un movimento non controllato, istintivo, allo scoperto: un abbraccio freddo che sgela. Non dirmi che non lo senti.