Ma tu che cosa dai? E tu che cosa vuoi? Il ventilatore soffia nella penombra. La mano cade molle oltre il bordo del letto. Siamo vicini il tanto che basta per parlare ma non il tanto che serve per ascoltarci veramente. Tu indossi un bikini sporco di sale che si infila nelle pieghe del lenzuolo. Io sono nudo ma proteggo il collo con una sciarpa in lana merino. Griffata. Tre giri. Tutto deve finire, dici. Sono io tutto, per te, ribatto. Probabilmente sai che ho ragione. Giri la testa dall’altra parte e allunghi il braccio verso di me. Non sicuro di quel che tu stia cercando, la mano procede per tentativi. Goffi. Trovi il lembo di stoffa e tiri con forza verso la tua direzione. Sento la gola rimpicciolire, sgonfiarsi. Non sento più il ventilatore. Tutta questa forza… da dove viene? Io… aspetta. Ti chiedo scusa, per qualunque cosa. Anche se non so. Io sono così. Cosa vuoi farci? Io non so nemmeno come sono. In fin dei con…
La mano si irrigidisce. Sento la compagnia del ventilatore. Sono sveglio. Sono vivo. Di pancia mi viene da dire ‘fanculo. Lo penso e basta. Chissà quante volte moriamo nei sogni e poi ce li dimentichiamo. Ci svegliamo come se niente fosse. Ma non è questo che mi interessa, adesso. Prendo fiato, apro una bottiglia d’acqua fresca e cerco di scoprire che ore siano. Perché lei? La dolcezza in persona. Sono solo sogni, questo è il mio riassunto. Ora c’è da mettere in piedi una giornata. Anche se sono in ferie lei ancora lavora, dovrò pensare alle faccende domestiche. Non che mi dispiaccia. Quando dipendi dalla tua routine e si presenta un’opportunità di libertà, quale che sia il modo, ti liberi.
Straccio per lo spolvero, spray multiuso, scopa, paletta, detersivo pavimento con secchio e occorrente, anticalcare, igienizzante, spray per l’inox del piano cottura, sgrassante per il forno, la cappa e tutte le cose grasse in generale. Funzionerà su di me? Già che ci siamo sorrido. Playlist preferita e via.
Avanti e indietro. Indietro e avanti. Insieme alla playlist si danno il cambio i ricordi, di noi, insieme. Quando c’era il noi originale, quello prima della copia, per intenderci. Corsie preferenziali, corsie di emergenza, corsie per sfiorarci e appendere i cappotti umidi d’inverno nel corridoio per cui paghiamo l’affitto. Tutte le abbiamo prese. Mi trascino dietro la scopa. Prende quel che prende. Le pieghe delle mie mani non le leggerebbe più nessuno, sono strade cancellate. Stringono il manico, trattengono piccole perle di sudore. Fatica. Tu non lo sai ma sono morto spesso e sono vivo. Non di fatica. Di sogni falliti. Di sogni non all’altezza. E vado, solo senza strade. Avanti e indietro. Indietro e avanti. Non è importante.
Abbasso lo sguardo. Le setole hanno raccolto polvere e capelli. Nuvole grigie di polvere e grovigli di lunghi capelli scuri. Raccolgono lei, quel che c’è di lei, di vivo di lei in questa casa. Adesso che non c’è, ha un senso diverso. Anche se tra qualche ora avrà finito il turno e sarà qui con il suo profumo e il silenzio e l’alito e i vestiti sparsi sul letto. Adesso che, anche se fosse qui proprio ora, qualcosa di vivo non lo troveremmo comunque. Polvere e capelli, il cuore fa da straccio. Prende tutto. Nasconde tutto in una lacrima.
Il ventilatore si accende autonomamente all’improvviso a una velocità non prevista dal costruttore né dalla mia peggior fantasia, solleva le tende. Traballano i quadri appesi, si frantumano a terra. Il pianeta si riempie di plastica, di sentimenti di plastica, di persone perfette che lottano col fatto di essere biodegradabile. Si passa dal caldo al freddo, nel frattempo. Dal troppo al niente. Passano anni, il contatore registra i Kw fino al distacco del fornitore ma il ventilatore non lo stacca nessuno, la corrente d’aria, anzi, si fa sempre più pericolosa. Cadono a terra i libri dalla libreria, si aprono tutti nella pagina dell’ultimo capitolo. Ci sarà un continuo? Centrini e tovaglie spostati dalla loro sede li coprono. In pochi mesi nulla resta ancorato ai muri, i tasselli cedono e lasciano che tutto frani sul pavimento.
Al centro del corridoio ci sono io, stringo il bastone di una vecchia scopa. Proteggo un cumulo di polvere e capelli. Resisto. Sono invecchiato ma sono ancora forte. Forte perché incazzato. Il ventilatore ha asciugato la lacrima. Un sogno al posto giusto e al momento giusto se lo meritano tutti. Quindi aspetto. Adesso sono sveglio. Sono vivo. Chissà quante volte viviamo nei sogni e poi ce li dimentichiamo. Ci svegliamo morti come se niente fosse.