Bambola, madre, stampella, regina, muro, senza cartellino del prezzo ma un gran costo di emozioni, ragnatela di pensieri. Chissà poi l’enigma che stringi tra le labbra se durerà tutta la vita o se qualcuno brillante di luce sua ci sarà. Prismi, luci e ombre sulle tue pieghe conosciute solo da pochi. Nella confusione qualcuno ha dimenticato di chiamarti, qualcuno chiuso a doppia mandata nel suo silenzio ha smesso di chiederti luce dagli occhi e ombre da abbracciare come una vocazione. Piovono fatti anche quando sarebbe il momento del sereno a raggi. Non ci perdona niente il bello, nessuno sconto, si può soltanto stringere forte quando si è al massimo dei giri. Sogni voltati, della televisione dopo aver sparecchiato e discorsi futili a metà, ricominciare qualche sorriso con qualche guerra e ruga in più.
Hai fatto qualcosa della tua vita, hai acceso fuochi, ti sei fatta prendere per mano, hai portato l’ordine nel caos, innocente e cattiva spontaneamente e con rigore scientifico, hai aspettato per molto tempo una nuova te che ora non dai più a nessuno, almeno nella tua stanza. Figlia, madre, famiglia per chi t’incontra, figlia di te stessa. Ancora.
Volti un sogno, hai una strada da sfidare perché forse non è la tua, rossori e selfie da non spiegare. Tiri la corda, togli la pellicola dalla nuova fine del giorno. Io sono la tua fine e tu sei la mia. Quel gesto lì di sollevare e dimenticare, dura un attimo e si chiama inizio. È un godere quel tanto che dura, tieni forte il respiro e conti quel che manca sperando arrivi. C’è poi uno stomaco aggrovigliato, la mia voce risparmiata. Prima si impara ad andare, per passetti e per traguardi, e poi dopo si impara a restare. Qualunque sia il modo necessario per farlo. Senza risolversi, non siamo un problema.
Resta. Sangue, saliva, umori, merda. Resta quello che sei. Sei il tuo sorriso, quello più difficile, ci gravito attorno mentre giri con un cartello appeso al collo su cui campeggia la scritta the end. Dove stai bene. Non avrai certo il tempo per salvarci ma per ora con il bello siamo ancora a credito. Piovono giorni anche quando i calendari dovrebbero essere vietati e le ore andrebbero leccate piano fino a che gli occhi non possono più stare aperti. Sfiorando resta.